"[...]Comunque sia, quale che fosse la causa per cui l'ardore
delle fiamme aveva divorato con orrendo fragore le selve
dalle profonde radici e aveva cotto a fondo col fuoco la terra,
colavano dalle vene bollenti confluendo nelle cavità della terra
rivoli d'argento e d'oro e anche di rame e di piombo.
E quando gli uomini li vedevano poi rappresi
risplendere sul suolo di lucido colore,
li raccoglievano, avvinti dalla nitida e levigata bellezza,
e vedevano che erano foggiati in forma simile a quella
che aveva l'impronta dell'incavo di ognuno.
Allora in essi entrava il pensiero che questi, liquefatti al calore,
potessero colando plasmarsi in qualsiasi forma e aspetto di oggetti,
e che martellandoli si potesse forgiarli in punte di pugnali
quanto mai si volesse acute e sottili,
sì da procurarsi armi e poter tagliare selve
ed asciare il legname e piallare e levigare travi
ed anche trapanare e trafiggere e perforare.[...]
In séguito fu scoperta la forza del ferro e del bronzo.
E l'uso del bronzo fu conosciuto prima di quello del ferro,
in quanto la sua natura è più malleabile e di più esso abbonda.
Col bronzo lavoravano il terreno, e col bronzo agitavano
flutti di guerra e spargevano ferite devastatrici
e depredavano greggi e campi. Infatti tutto quel ch'era nudo
e inerme cedeva facilmente a quelli ch'erano armati.
Poi a poco a poco si fece strada la spada di ferro
e divenne obbrobriosa la foggia della falce di bronzo,
e col ferro incominciarono a solcare il suolo della terra
e furono uguagliati i cimenti della guerra dall'esito incerto.[...]"
De Rerum Natura, Lucrezio
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